Giornata Nazionale degli Alberi, vi raccontiamo un nostro albero

Il 21 novembre si celebra la Giornata Nazionale degli Alberi, istituita come ricorrenza nazionale con una legge della Repubblica Italiana entrata in vigore nel febbraio 2013, ispirata a un’iniziativa del Ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli risalente al lontano 1898.

L’obiettivo è la valorizzazione dell’immenso nostro patrimonio arboreo e la formazione di una consapevolezza che sappia riconoscere l’importanza fondamentale, a livello economico sociale e psicologico, di boschi e foreste. Gli alberi non sono soltanto una risorsa materiale della comunità, ma un vero e proprio rimedio ai mali di ogni giorno: quando ci avviciniamo a un albero, il nostro battito cardiaco rallenta, la pressione si abbassa e le sensazioni che proviamo sono quelle positive tipiche dei luoghi che riconosciamo come “casa”. Anche noi, come molti altri animali, abbiamo mosso i nostri primi passi tra le fronde degli alberi e anche se ce lo siamo dimenticati in fretta, nonostante ne siamo scesi da pochi millenni, negli anfratti più profondi del nostro cervello è ancora scritto quanto siano importanti per noi.

In questa giornata speciale, celebriamo anche noi i nostri alberi e vogliamo raccontarvi la storia di uno di questi. Torre a Cenaia è una vasta area verde di 500 ettari e come tale ha migliaia di alberi, di ogni specie. Tra tutti, regnano la roverella degli antichi boschi della bandita, i lecci, i pini domestici e i cipressi così tipici del paesaggio toscano. Nel parco attorno agli edifici dell’antico borgo di Cenaja Vecchia, troviamo altri alberi non autoctoni, cioè non originari di queste terre, e sono loro a narrarci le storie più interessanti.

Tra questi c’è un maestoso Cedro del Libano, i cui rami più vecchi si piegano verso terra come ad accogliere i nostri Ospiti, in un saluto a braccia aperte che sembra voler cingere chi varca l’antico cancello in ferro battuto con le iniziali di Ernest Von Flick, uno dei celebri proprietari della Tenuta nel XX secolo. Sotto di lui, una graziosa statua femminile, personificazione di Flora, mostra una ghirlanda in grembo a simboleggiare la ricchezza e la felicità che derivano dal mondo vegetale.

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Il Cedrus libani è una pianta della famiglia delle Pinacee, cioè un parente stretto dei nostri pini, originario appunto delle regioni montane del Libano, di cui è diventato persino simbolo nella bandiera nazionale. Oggi, sul Monte Libano da cui si è originato, nella cosiddetta Foresta dei Cedri di Dio Patrimonio UNESCO dell’Umanità, sopravvivono soltanto pochi esemplari, ma la sua fortuna come pianta ornamentale lo ha portato letteralmente a conquistare il mondo a partire dal Settecento, quando i primi ricchi viaggiatori europei che raggiunsero il Vicino Oriente se ne innamorarono e vollero piantare questi pini straordinari nel bel mezzo dei loro curatissimi parchi. Divenne così ben presto il protagonista degli splendidi giardini all’inglese, che nella loro minuziosa cura dei dettagli riproducevano in realtà la meraviglia, la potenza e la maestosità degli scenari selvaggi. Il senso del sublime, quel sentimento tutto romantico fatto di bellezza, meraviglia, stupore e paura allo stesso tempo, è ben rappresentato dalla mole solitaria e gigantesca di questi alberi, la cui longevità supera di gran lunga i secoli. Nel nostro panorama, non c’è villa storica che non abbia nel proprio parco almeno un esemplare di Cedro del Libano: dal Settecento al Novecento, celebrato soprattutto dall’architettura Liberty, questo albero è divenuto un vero e proprio simbolo di ricchezza e benessere sociale.

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Con la sua forma tipicamente “a candelabro”, ovvero con i rami più bassi che formano un angolo di 90° gradi con il tronco e tendono poi a crescere parallelamente a questo risalendo verso la chioma, anche il nostro Cedro del Libano è un testimone di quei secoli. Fu probabilmente piantato di fronte alla Casa Turrita tra Settecento e Ottocento, quando la proprietà venne acquistata dai Conti De Bearn-Valery di Corsica, dopo che fu messa in vendita dai Marchesi Bartolini Salimbeni. Insieme ai Conti francesi giunsero anche i Pitti, che in Corsica si trovavano dal lontano Quattrocento, dopo il disastroso esito della Congiura dei Pazzi ai danni dei Medici. Ferrando Pitti, che ordì contro i “nuovi tiranni” della città insieme alla Famiglia dei Pazzi, fu costretto a fuggire da Firenze nel 1478 e, dopo varie peregrinazioni, si stabilì in Corsica dando vita al ramo dei Pitti Ferrandi, così rinominato in suo onore non senza un certo orgoglio, a memento del fatto che i Pitti non vollero piegare il capo di fronte allo strapotere dei Medici.

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Da oltre due secoli questa meravigliosa pianta fronteggia Villa Valery, costruita proprio in quel periodo di fronte alla villa-fattoria fortificata. Insieme alla grande nuova dimora in stile liberty, il Cedro del Libano è il segno del nuovo gusto europeo che muoveva allora i primi passi in Toscana: sempre in questo contesto, furono piantati i platani della piazzetta di fronte all’Osteria Pitti&Friends, sul lato opposto della Casa Turrita. Piante ornamentali molto in voga nella Francia dell’Ottocento e anch’esse tipiche del gusto di quegli anni; esemplari della stessa età possono essere ammirati, ad esempio, sulle mura di Lucca: furono fatti piantare dalla sorella di Napoleone Elisa Bonaparte, che voleva fare della cittadina lucchese la sua piccola Parigi.

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Il Cedro del Libano di Torre a Cenaia ha visto passare sotto le sue ampie fronde conti contesse e marchesi, soldati tedeschi e alleati, celebri industriali, personaggi dell’alta finanza internazionale, poveri mezzadri e ricchi proprietari terrieri. Chissà che cosa potrebbe raccontarci se avesse la parola. Rigoglioso come quando fu piantato, possente nella sua mole plasmata dai forti venti che spazzano la nostra terra, veglia e protegge le giovani donne di pietra che popolano il parco della villa e si avvicina ormai al terzo secolo di vita.

Oggi è anche la sua festa e noi brindiamo alla sua salute, in onore della sua storia e della maestosa eterna bellezza di cui ogni giorno ci omaggia.

Author: Gabriele Panigada

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