Birra industriale e birra artigianale. Che differenza c’è?

E’ una domanda che capita di sentire spesso. Ma rispondere in modo chiaro e immediato è tanto difficile quanto è semplice il quesito, e quanto può apparire banale agli addetti ai lavori la risposta: potremmo tirare in ballo definizioni di legge e caratteristiche tecniche, ma vogliamo capire la faccenda da un altro punto di vista, quello di chi beve. Qual è la vera, immediata differenza agli occhi al naso e al palato del consumatore tra birra artigianale e birra industriale?

Possiamo provare a rispondere con due similitudini.

La prima. La differenza tra birra industriale e birra artigianale è paragonabile a quella che c’è tra fare sesso e fare l’amore. Ok, a tutti piace fare sesso – con un uomo, una donna, un animale… fatelo con chi vi pare, non ci scandalizziamo, capirete lo stesso – ma quando si ha la fortuna di incontrare una persona con cui scatta quella magia tale da trasformare il “semplice” sesso in amore, beh, ci accorgiamo subito, in modo diretto, istintivo, pre-intellettivo oseremmo dire, che è tutta un’altra storia. E’ un’altra storia perché – semplicemente – sentiamo di più e meglio, e quindi restiamo molto più appagati dall’esperienza.

La seconda. La differenza tra birra industriale e birra artigianale è paragonabile a quella che c’è tra vedere un film a casa oppure al cinema. Potete anche avere un 55 pollici ricurvo ultra-hd con un dolby surround capace di far tremare le fondamenta di casa, piazzato davanti a un divano con chaise-longue e dalla superficie pari a quella di un accampamento di Gheddafi in visita diplomatica a Berlusconi (pace all’anima sua – del primo non del secondo), ma non potrete mai affermare con onestà che è come essere al cinema. Perché al cinema, appunto, “si sente” di più e, quindi “si gode” di più – si vede un’immagine più grande, si ode un suono più intenso potente e avvolgente, eccetera.

La prima grande differenza è proprio questa: una birra artigianale, contro una industriale, “ci fa sentire” di più: alla vista, all’olfatto e al palato. Dunque ci permette di vivere un’esperienza sensoriale più ricca, dettagliata, avvolgente e infine appagante; possiamo proprio dire che ci fa “godere” di più – sempre che i nostri sensi non siano così assopiti da non cogliere questa lapalissiana differenza.

Da che cosa è data questa differenza?

Da una serie di fattori, primo fra tutti il trattamento che subisce la birra nelle due diverse filiere produttive, industriale e artigianale. Diverso trattamento dovuto alle diverse necessità: primo fra tutti, il bisogno della birra industriale di “vivere” il più a lungo possibile sugli scaffali e di poter arrivare ovunque senza subire danneggiamenti o cambiamenti imprevisti nell’aspetto e nel gusto; in secondo luogo, la necessità della birra industriale di incontrare il gusto della fetta più ampia possibile di acquirenti e diventare, in linea ideale, piacevole a tutti, andando così incontro a un’inevitabile standardizzazione.

Come raggiunge questi obiettivi l’industria della birra?

Attraverso la pastorizzazione e la filtrazione al termine della produzione. Ovvero, di fatto, “uccidendo” tutto ciò che di vivo ha la birra e bloccandola, letteralmente, allo stato chimico in cui si trova al momento dell’uscita dai tini di fermentazione. Paradossalmente, queste operazioni le consentono di “vivere” il più a lungo possibile una volta uscita dallo stabilimento produttivo, solo perché è… una birra morta. Ed essendo morta, capirete bene, non si esprime come potrebbe esprimersi una birra viva, ovvero artigianale.

Viva la “birra cruda”!

La birra artigianale non è filtrata né pastorizzata: per questo è definita “cruda”, poiché “non cotta” dal procedimento di pastorizzazione, cioè di “risanamento termico” ad alta temperatura mirato a sterilizzare la birra uccidendo tutti i microorganismi presenti – lieviti e batteri – che potrebbero mutarne le caratteristiche. Ecco perché conserva tutto il potenziale espressivo nella degustazione (colori, odori e sapori), donandoci delle sensazioni inesperibili in una birra industriale, estremamente più interessanti, piacevoli, appaganti. Si noti bene: tutte le birre artigianali, per definizione, sono birre crude, poiché non devono andare incontro a pastorizzazione né subire l’aggiunta di conservanti. Sono cioè, semplicemente, birre vive.

Questa è solo la principale differenza tra una birra industriale e una artigianale, dalla quale derivano mille altre divergenze che avrebbero bisogno di molte più parole per essere spiegate a dovere. Questa è la principale differenza e, allo stesso tempo, il principale motivo per cui chi desidera un’esperienza più appagante, chi possiede o vuole formarsi una cultura maggiore sul buon vivere, non può fare a meno di preferire l’artigianale all’industriale.

Ma il mondo è bello perché è vario, recita la più banale delle verità. E allora, chi si accontenta del sesso e della tv di casa può tranquillamente fare a meno del cinema e del fare l’amore come si deve. Noi no, noi stasera andiamo al cinema e poi… beh, e poi ci facciamo una bella pinta di birra artigianale in compagnia.

Prosit!

Author: Gabriele Panigada

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